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Psicologia come se la Terra fosse importante
Due scienze si incontrano per cercare insieme una risposta alla stessa domanda: "Dove finisco io e dove inizia il resto del mondo?"
La psicologia, scienza giovane in Occidente, si è sempre concentrata sull'aspetto più strettamente soggettivo del nostro essere, senza mai avventurarsi troppo lontano dalla sfera individuale, verso quei lontani e vaghi confini in cui tutta l'umanità attinge a sorgenti comuni.

L'ecologia del resto, anche lei scienza giovane, si è sempre occupata dell'ambiente esterno senza mai prendere a fondo in considerazione l'essere umano come parte integrante ed estremamente condizionante di questo ambiente.

Così, giungendo da due estremi opposti queste due scienze si incontrano per cercare insieme una risposta alla stessa domanda: "Dove finisco io e dove inizia il resto del mondo?". Il limite tra l'io e il mondo, ai livelli più sottili, si estende sino a coinvolgere anche le stelle e gli oceani, e questa considerazione ha profonde implicazioni, sia nella cura dell'anima, che in quella dell'ambiente naturale.

All'università di Harvard, nel 1990, si è tenuta un convegno dal titolo: "Psicologia come se tutta la Terra fosse importante". La conclusione presentata era che se il nostro io si espande al punto tale da includere il mondo naturale, un comportamento che tende alla distruzione di questo mondo non può che essere percepito come autodistruttivo.

Il bisogno di approfondire la ricerca in questa direzione è stato confermato da Walter Christie, capo del dipartimento di psichiatria del Maine Medical Center: "L'illusione della separatività che creiamo per poter articolare le parole 'Io sono' è una parte del nostro problema nel mondo moderno. Siamo sempre stati parte dei grandi sistemi del globo più di quanto il nostro ego timoroso può tollerare di conoscere. Preservare la natura è preservare la matrice attraverso la quale possiamo sperimentare la nostra anima e l'anima del pianeta terra."

E Sara Conn, psicologa clinica di Cambridge ha concluso il convegno, che rappresenta solo l'inizio di un lungo lavoro: "il mondo è malato, ha bisogno di cure, sta parlando attraverso di noi, e parla più forte attraverso i più sensibili tra noi".


Quattro sono le direzioni in cui l'ecopsicologia si sviluppa attualmente:

1. Lo studio del rapporto uomo-natura in altre culture, facendo correlazioni tra qualità di rapporto con la natura, qualità di rapporti interpersonali, e qualità di valori di ogni società. Nativi americani, indios, aborigeni australiani, dogon, esquimesi, sono tutti esempi di popoli che forse noi ancora consideriamo con più o meno benevolenza "primitivi", ma che dal punti di vista etico e sociale sono sicuramente molto avanzati.

2. Lo sviluppo di un nuovo atteggiamento nei confronti della natura, rivolgendosi soprattutto al campo dell'educazione, mostrando che la natura non è solo un ambiente ostile in cui cercare di sopravvivere o un deposito di risorse da sfruttare senza riserve, e neppure qualche cosa di carino da salvare per benevolenza e magnanimità. La natura è un essere vivente di cui siamo parte integrante. Se vogliamo salvaguardare non solo la nostra sopravvivenza fisica - perché anche questa è in gioco - ma anche l'equilibrio e il benessere psicologico e spirituale, abbiamo bisogno di natura attorno a noi.

3. Un'applicazione in campo più propriamente terapeutico che affronta il disagio sociale e individuale correlandolo anche al quadro ambientale in cui si vive, prendendo in condiderazione anche le conseguenze dello sradicamento dalla natura. L'incontro con la wilderness - la natura incontaminata - diventa un'opportunità di riscoperta e valorizzazione degli aspetti più profondi e vitali del proprio essere. Il paesaggio naturale può diventare un nuovo setting terapeutico, riconoscendo che l'incontro con colori, spazi, ritmi, suoni diversi favoriscono il rilassamento della mente e il contatto con le emozioni, oltre a offrire una preziosa opportunità di scarica fisiologica di tensione e stress. La natura diventa una metafora per esplorare il mondo interiore, altrettanto vasto e sconfinato di un pianeta con i suoi abissi e le sue altezze. Citando nuovamente lo psicoterapeuta James Hillman: "Forse per comprendere le malattie dell'anima dobbiamo comprendere le malattie del mondo".

4. L'elaborazione di nuove strategie per portare avanti la causa ambientalista, impostando il proprio discorso non più su una colpevolizzazione per il degrado ambientale, ma su un coinvolgimento attivo, pratico e ottimistico per risolvere i problemi. Dave Foreman, che si definisce un ecowarrior, ricorda ai colleghi che il più grande obiettivo è quello di: "Aprire l'anima all'amore per questo glorioso, lussureggiante, animato pianeta". E dimenticare questo vuol dire danneggiare la nostra salute mentale!



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