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Crescere per... migliorare l'ambiente
La crescita personale è un processo che si riflette non solo sulla qualità della vita individuale, ma anche, di riflesso, sulla qualità del rapporto con gli altri e con l'ambiente circostante, grazie a un maggior senso di compartecipazione.
Quando un albero viene tagliato ingiustamente, quando la foresta vergine viene violata e rasa al suolo, quando muore l'acqua di un piccolo ruscello, soffocata dagli scarichi e i pesci degli oceani si caricano di metalli pesanti, quando un piccolo lemure con i buffi occhi sporgenti, di cui neppure sospettiamo l'esistenza, smette di essere presente sulla faccia di questa Terra o intere popolazioni di farfalle e striati pesciolini tropicali si estinguono dopo la distruzione del loro habitat... è a noi stessi che stiamo facendo un torto, che stiamo facendo del male. Ogni singola persona su questa Terra viene sminuita e indirettamente minacciata quando delle motivazioni di tipo economico e utilitaristico hanno il sopravvento sul fascino della bellezza di un elemento del paesaggio e del rispetto di ogni essere vivente. Il messaggio che passa, implicitamente, è che un domani potrebbe toccare anche a noi.

Nella misura in cui gli individui abdicano alla loro responsabilità personale, prende il posto un potere anonimo dietro quale non c'è una presenza, ma un'assenza. E' la logica del profitto, dell'egoismo fatto legge, dell'incapacità di pensarsi parte di un contesto più vasto...

Molto del malessere originato da questa situazione, palpabile ma poco definibile, finisce proprio negli studi degli psicoterapeuti e degli psicologi, dove le persone cercano aiuto per ritrovare una perduta serenità di fondo. Terrance O'Connor, ecopsicologa statunitense, lancia un allarme ai propri colleghi invitandoli a riconoscere che gran parte dell'ansia e del malessere denunciati dalla gente non hanno solo un'origine psicologica legata a conflittualità interiori non risolte, ma sono proprio espressione di una spontanea e, al limite, di una sana preoccupazione rispetto a quanto sta accadendo attorno a noi.

Poco prima della seconda Guerra Mondiale, racconta la O'Connor, una giovane donna di Berlino era andata in terapia perché oppressa dall'ansia per la contingenza storico politica in cui si trovava. Dopo due anni ha concluso la terapia perfettamente guarita da tutte le problematiche psicologiche connesse al suo stato ansioso, ma sei mesi dopo è stata deportata, in quanto ebrea, in campo di concentramento. "Aiutando le persone ad adattarsi a una società distruttiva - si chiede l'ecopsicologa - non stiamo facendo più male che bene? Aiutiamo i parenti a crescere i figli, le coppie ad avere relazioni più armoniose... mentre fuori di noi l'aria diventa irrespirabile e gli oceani tossici".

Stiamo affrontando una crisi globale di proporzioni maggiori di quelle dell'avvento di Stalin o Hitler, conclude Terrance O'Connor, e il contributo che terapia e terapeuta possono dare in questa crisi è grande. Prendere in considerazione la crisi globale offre una comprensione più profonda della realtà umana e una motivazione per superare le barriere psicologiche che ci permettono di accettare passivamente tutto quanto sta accadendo davanti ai nostri occhi.

Il pianeta sta morendo proprio perché siamo soddisfatti con le nostre relazioni limitate, in cui il controllo, la negazione e l'abuso sono tollerati, in cui sopravvivere sembra a volte più importante di vivere, in cui la mano destra è pronta a compromessi che indirettamente metteranno fuori gioco la mano sinistra, in cui non ci sentiamo più "interi", né sappiamo sentirci parte della famiglia umanità e men che meno del resto della creazione. I bambini nel mondo muoiono di fame non perché non c'è abbastanza cibo, ma perché "siamo una famiglia disfunzionale": non siamo in grado di andare oltre il nostro piccolo nucleo famigliare e di prendere in considerazione la famiglia dell'umanità. E' questo artificiale senso di isolamento e non coinvolgimento che, se da una parte ci protegge da una eccessiva passione - che include il "patire" -, dall'altra ci isola e ci fa sentire inutili, a noi stessi e agli altri. Sono proprio i meccanismi di controllo, negazione, proiezione e abuso che sabotano le relazioni personali e sono poi quelli gli stessi che mettono in pericolo il mondo.

Cambiare questi schemi non vuol dire soltanto cambiare le nostre vite, ma il nostro rapporto con la vita, le relazioni sane non sono un obiettivo esoterico, sono una questione di sopravvivenza e della sopravvivenza di maggior parte della vita sul pianeta. Molti non vogliono sentire di quello che succede, "non è colpa mia", "non mi interessa", "non è il mio pianeta", oppure si sentono in colpa, ma anche così non fanno niente. Ma il senso di colpa è il campanello di allarme che non ci stiamo comportando secondo i nostri valori più veri e se siamo in disarmonia col mondo, è perché siamo in disarmonia con noi stessi. Finché agiamo senza introspezione e non facciamo nulla per affrontare e risolvere i conflitti interni, aumentiamo la disarmonia attorno a noi. Curare, allora, vuol dire rendere interi: "Se non è il mio pianeta, di chi è?", "Se non è la mia famiglia, di chi è?", "Se non è mia responsabilità, di chi è?".
Perché è solo mettendoci autenticamente in relazione con noi stessi che potremo "sentire" la comunità umana e il senso di compartecipazione alla vita del pianeta.
"Tu sei il mondo! - dice Krishnamurti, e conclude - ciascuno cambi se stesso per cambiare il mondo".


Pubblicato su LifeGate, nel luglio 2004
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