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La psicologia al servizio dell'ambientalismo
Per sensibilizzare l'opinione pubblica l'ambientalismo non può più basarsi sul catastrofismo e il senso di colpa. Occorre rinnovare strategie, strumenti di comunicazione e scale di valori.
Quando il movimento ambientalista è nato non c'è stato bisogno di fare grandi ricerche sociologiche, è nato sull'onda dell'emozione, sullo scalpore suscitato dalle prime preoccupanti relazioni concrete sullo stato di salute del pianeta, sul timore sincero per il futuro, sul risveglio dall'illusione di risorse infinite e rifiuti autoriciclantisi. E' stato un movimento di massa, prima di essere un movimento politico, un'onda spontanea e trasversale, culturalmente e politicamente, di persone più sensibili alle problematiche ambientali.

Sono passati più di trent'anni dal primo risveglio "in massa" di una coscienza ecologica, e i passi fatti sono indubbiamente molti, ma le strategie di divulgazione e di coinvolgimento del pubblico non possono più essere le stesse di trent'anni fa.

Queste sono le considerazioni di Lester R. Brown, attivo ambientalista statunitense che vede nell'ecopsicologia una possibile risposta al languire dei movimenti ambientalisti un po' in tutto il mondo. "Abbiamo sovraccaricato le persone di ansietà e sensi di colpa - dice - ma questo, oggi, che viviamo su un pianeta deteriorato ecologicamente e abitato da persone psicologicamente 'nei guai', non è più efficace".

Le persone, per quanto riguarda l'equilibrio ambientale, spesso si sentono inermi di fronte a meccanismi troppo più grandi di loro - e apparentemente è proprio così - questo crea un rifiuto nei confronti di informazioni e messaggi che non farebbero altro che accrescere il loro disagio e senso di impotenza. Non è più questo, quindi, il canale di sensibilizzazione adatto a un pubblico ormai saturo di catastrofismo, al punto di preferire fare come lo struzzo, che affonda la testa nella sabbia per non vedere il pericolo.

La questione ora è: come far uscire le persone dal loro stato di apatia e disanimo? Non è solo una questione di strategia di comunicazione, si tratta di mettere in luce e saper far intravedere nuove possibilità, additare la luce oltre il tunnel, dare speranza.

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