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L'inconscio ecologico
Più in profondità del nostro inconscio personale c'è un inconscio collettivo, più in profondità ancora c'è un inconscio ecologico: include il mondo intero e ci racconta di noi attraverso gli elementi e gli esseri che ne fanno parte.
L'ecopsicologia allarga ulteriormente il suo campo di interesse e d'azione a un territorio meno conosciuto e condiviso, quello della psicologia transpersonale, andando a sfidare uno dei capisaldi della psicologia: il concetto di io. La domanda è semplice, quasi ingenua, come potrebbe porla un bambino: "Dove è il limite dell'io? Dove finisco io e dove inizia il mondo?".

La risposta che viene più spontanea è quella più a portata di mano: "ai confini del mio corpo, naturalmente". Ma persino Freud è andato oltre questo limite, riconoscendo come parte integrante dell'identità anche l'inconscio, serbatoio immenso di immagini, ricordi, desideri, pulsioni non facilmente localizzabile spazialmente. E se l'inconscio può ancora essere concepito come racchiuso entro la pelle, non può più essere così per concetto di inconscio collettivo di Jung, che abbraccia nel tempo e nello spazio miti, simboli e archetipi condivisi da tutta l'umanità.

In psicologia transpersonale il senso di identità si allarga ulteriormente, includendo sfere più vaste di realtà condivisa. L'incontro più autentico con l'altro, che si sperimenta per esempio con l'innamoramento, già allarga in modo drastico il limite di ciò che di solito si chiama "io", ma il percorso può proseguire con un progressivo allargamento di identità, sino a riconoscersi parte di una comunità, di una nazione, dell'umanità, dell'intero pianeta. Il percorso continua ancora e, allargando il proprio senso di identità a tutto l'universo, si raggiunge quello che la mistica orientale chiama coscienza cosmica, satori, illuminazione.

Ma pur essendo una meta potenzialmente raggiungibile da ognuno di noi - e in questo consiste la novità dell'approccio transpersonale - in questo momento della storia dell'umanità diventa importante fermarsi a prendere in esame lo stadio "Pianeta Terra", l'ampliamento del proprio senso di identità sino al punto in cui si diventa capaci di riconoscersi parte dell'intero pianeta. Questo è uno degli obiettivi dell'ecopsicologia: risvegliare quello che Roszak chiama l' "inconscio ecologico", rifacendosi ad Arne Ness, il padre dell'ecologia profonda, ma anche a Groddeck, che aveva chiamato Es le profondità dell'inconscio condivise con la vita stessa, "la forza ignota e incontrollabile da cui veniamo vissuti".

Qui risiedono le radici più profonde della natura umana, così profonde che coinvolgo l'intera creazione, a partire dal primo istante, e ridefiniscono completamente i limiti dell'identità personale. Così Roszak definisce l'inconscio ecologico: "L'inconscio collettivo, al suo livello più profondo, racchiude l'intera intelligenza ecologica di tutte le specie, la fonte da cui è scaturita la cultura, come riflesso consapevole di una emergente mente della natura. La sopravvivenza della vita e di tutte le specie non sarebbe stata possibile senza un tale sistema di saggezza autoregolantesi. Era lì per guidare questo sviluppo attraverso tentativi ed errori, selezione ed estinzione, così come era lì nell'istante del big bang per condensare i primi lampi di radiazione in materia solida. E' questo l'Es a cui l'ego si deve collegare se vogliamo diventare una specie sana capace di grandi avventure evolutive (Theodore Roszak, The Voice of the Earth - An Exploration of Ecopsychology)."

Nelle sue linee guida per lo sviluppo dell'ecopsicologia Roszak insiste molto su questo concetto. L'inconscio ecologico è il nucleo della mente ed è solo la sua repressione che sta rendendo possibile l'attuale follia insita nello sviluppo della civiltà industriale. Così come il compito di ogni terapia è quella di curare l'alienazione dell'individuo nelle sue relazioni interpersonali, riportando alla coscienza materiale rimosso nell'inconscio personale, così l'ecopsicologia cura l'alienazione tra individuo e ambiente naturale risvegliando il senso di reciprocità connaturato all'inconscio ecologico. Si sviluppa così un senso di responsabilità etica nei confronti del pianeta, riflesso di quella nei confronti delle altre persone, che può essere applicato in ambito sociale e politico.
Se la Terra è il nostro inconscio, allora gli esseri umani sono a loro volta la coscienza della Terra , afferma Miriam Mc Gillis, suora domenicana che porta avanti in ambito ecclesiastico, nel New Jersey, un dibattito sulle correlazioni esistenti tra la perdita di connessione con la natura e con la dimensione spirituale: "L'individuo per cui la terra diventa un essere spiritualmente consapevole, si risveglia a una più alta consapevolezza, diventa più cosciente di sé e capace di autodeterminarsi. Nell'umano la terra comincia a riflettere su se stessa. Nella nostra più profonda definizione noi umani siamo la terra. Conscia ".

Ecco che l'antica socratica esortazione "Uomo conosci te stesso" e l'invito ripetuto da tanti maestri passati e presenti, acquista così una dimensione nuova. C'è molto da conoscere di sé, cioè, "c'è più sé da conoscere di quanto al nostra storia personale riveli", scherza Roszak. La vita umana individuale improvvisamente si trova proiettata in una dimensione universale non solo nello spazio ma anche nel tempo e la necessità di provvedere alla salute ambientale non diventa più soltanto una questione di correttezza o di valori etici, ma di responsabilità esistenziale, autocoscienza e sopravvivenza.

Pubblicato su LifeGate, luglio 2007
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