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Fate, gnomi elfi e folletti
Presenti in tutte le culture, con nomi e forme diverse, le leggende sul "piccolo popolo" sono un invito, oggi come ieri, a cogliere aspetti sottili della realtà e a mantenere vivo l'amore e il rispetto per la natura.
"Comunicare davvero con gli angeli e le fate richiede un approccio globale alla vita, sia la nostra sia quella altrui", scrive Dorothy Maclean, Una delle fondatrici della mitica Findhorn, una comunità sorta 30 anni fa che ha trasformato una spiaggia sassosa nel nord della Scozia in un rigoglioso giardino, grazie alla collaborazione degli spiriti di natura.

Dorothy riceveva in meditazione le indicazioni di quelli che nella culture orientale sono definiti Deva - le energie che curano la costruzione del mondo naturale - e in quelle tradizionale occidentale esponenti del piccolo popolo: fate, gnomi, elfi e folletti, una personificazione delle forze vitali attive nella natura, responsabili di tutti i processi relativi alla vita delle piante, delle rocce, delle acque e dell'aria.

In una ipotetica gerarchia spirituale, "il piccolo popolo" non è ancora all'altezza degli angeli, è figlio della Terra, tale quale l'uomo, ma vive in una dimensione nascosta, più sottile, invisibile ai sensi. La leggenda vuole che abbia origine quando Eva stava lavando i suoi figli al fiume e Dio arrivò da lei inaspettatamente chiedendole di vederli. Vergognandosi di mostrare quelli che ancora non aveva lavato, Eva non li presentò tutti, e quelli che tenne nascosti in quella occasione rimasero sempre nascosti agli occhi degli altri.

Fate, gnomi elfi e folletti sono una presenza viva nell'immaginario di tutte quelle culture ancora strettamente a contatto con la natura. Birbanti e dispettosi in alcune tradizioni, benefici e dispensatori di gaiezza e benessere in altre, magici e misteriosi in alcune occasioni, capricciosi e potenti in altre. Comunque vengano visti essi sono la personificazione di una percezione che abbraccia il mondo accogliendone anche quegli aspetti che la ragione non riesce a spiegare e catalogare. Sono simbolo di una disponibilità ad aprire il cuore, oltre che la mente, a una visione più ampia della realtà, che non chiude ogni passaggio con la sfera onirica, immaginativa e magica della realtà.

L'immaginario collettivo di tutta l'umanità si è sbizzarrito nel dare originale forma, carattere, abbigliamento, usanze a una folta schiera di spiritelli, genietti, eteree fatine, ammalianti nereidi, saggi coboldi, che hanno ovunque accompagnato la vita dell'uomo nelle diverse fasi del suo lavoro con la terra, incarnando timori e speranze, propri di quei tempi e di quelle culture. Attraverso queste figure - reali o immaginarie che siano -, di fatto è stato sancito un patto d'amicizia e di silenziosa alleanza con questo regno nascosto dai cui capricci dipendeva il successo di un raccolto o la conservazione del formaggio, dalla cui presenza l'uomo si è sentito rassicurato in un mondo che a quei tempi sarebbe stato troppo vasto e spaventoso.

Oggi, pur relegati alle fiabe e ai fumetti, non hanno smesso di esercitare il loro fascino, perché se il progresso ha dato all'uomo l'illusione del controllo sulla natura, lo ha anche privato di opportunità per spaziare con la fantasia oltre i limiti del verosimile. Oggi abbiamo bisogno, ancora una volta, di aprire il cuore a una concezione della realtà molto più viva, in cui ci sia ancora posto per bellezza, magia e, soprattutto, gratitudine, per i semi che germogliano, i fiori che sbocciano, i frutti che maturano, la rugiada che incornicia il mondo e i ricami della brina d'inverno... gratitudine per la vita, miracolo che si rinnova ogni istante davanti ai nostri occhi.

Il ruolo di fate, gnomi elfi e folletti, oggi come ieri, è allora quello di farci aprire gli occhi e di coltivare uno sguardo amorevole nei confronti del mondo naturale di cui facciamo parte.
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