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Animali fratelli 5.
Riconoscere una vita interiore agli animali
Anche il concetto di libero arbitrio, come prerogativa esclusivamente umana, viene ora messo in dubbio. Si aprono nuove frontiere per una visione dell'uomo che affronta, insieme agli altri esseri senzienti, l'avventura della vita.
L’idea tradizionale, propria delle istituzioni religiose nate nell’area medio-orientale e di una corrente della scienza, è che l’uomo sia dotato di libero arbitrio, mentre il resto del mondo naturale (compresi tutti gli altri animali!) sarebbe soggetto alle rigide leggi fisiche. Un’altra corrente della scienza “ottocentesca” (il determinismo) non lascia alcuna libertà a nessuno.
Come abbiamo visto, secondo una corrente attuale del pensiero scientifico-filosofico c’è qualche segno di libertà in tutti i processi naturali: ci sarebbe un po’ di libero arbitrio ovunque, anche se in quantità diverse.

Ogni entità naturale, ogni processo, ogni sistema complesso, ha un suo grado di libertà. Solo la “quantità” di tale facoltà è diversa da caso a caso. Secondo la visione detta “del cane al guinzaglio”, tutte le entità (noi compresi) hanno un guinzaglio, più o meno lungo, in mano alle forze sistemiche, che non sono soltanto fisiche o energetico-materiali, ma anche mentali. Per usare un’espressione di Bateson:
“…Se volete, potete chiamare Dio le forze sistemiche.”

Il cane può talvolta far cambiare completamente direzione a chi tiene il guinzaglio, se a un bivio si dirige da una parte piuttosto che dall’altra.
Solo come esempio, il grado di imprevedibilità che si manifesta in diverse comunità di insetti, di mammiferi o di uccelli, non è molto diverso da quello dei gruppi umani. Inoltre le società di molte specie sono notevolmente strutturate.
Comunque, se c’è qualche differenza fra umani e altri animali, è di natura quantitativa. L’uomo è un animale: anche l’etica deve tenerne conto quando si occupa degli altri esseri viventi, e senzienti.

Forse non sono necessarie le considerazioni sopra esposte: è sufficiente avere un cane come amico, o leggere questa intervista a Konrad Lorenz.

… Ho conversato a lungo, su questi argomenti, con Konrad Lorenz, padre dell’etologia moderna. Alla domanda se anche gli animali siano consapevoli, con il tono passionale e affascinante che lo distingue, risponde: “Nessuna persona seria dovrebbe dubitare di questo. Sono pienamente convinto, dico pienamente, che gli animali hanno una coscienza. L’uomo non è il solo ad avere una vita interiore soggettiva”. E aggiunge che l’uomo è troppo presuntuoso, troppo preso di sé. Naturalmente, dice ancora il grande scienziato, il fatto che gli animali abbiano una coscienza “solleva dei problemi”. Forse l’uomo ha paura di fare altri passi in questa logica: riconoscendo una vita interiore agli animali, sarebbe costretto a inorridire per il modo con cui li tratta.
Lorenz mi ha parlato anche dell’infallibilità con cui gli animali conoscono subito le intenzioni di chi sta loro di fronte. Ma non c’è bisogno di scomodare tanta autorità, per commentare l’episodio del gorilla in questione. Solo una mente rozza o malata di dogmatismi, potrebbe dubitare delle buone intenzioni dell’animale. E i cani di Vienna, compresi quelli di Lorenz, non sono mai minacciosi per istinto o perché capiscono che la gente li ama e non farebbe loro mai del male?
In fondo l’etologia va confermando quello che Giordano Bruno aveva intuito con il suo genio filosofico, e cioè che tutti gli esseri viventi sono fenomeni diversi di un’unica sostanza universale. Traggono dalla stessa radice metafisica e la loro differenza è quantitativa non qualitativa o, per usare il linguaggio di Kant, fenomenica non noumenica. L’intelletto, che serve a intuire la relazione delle cose tra di loro, è comune, sia pure proporzionato ai bisogni, a tutti gli esseri viventi. Questo insegnano i grandi pensatori, a incominciare da Schopenhauer, e questo sostiene, in ultima analisi, Lorenz.
Sarebbe pura cecità considerare l’uomo come qualche cosa di completamente avulso dal resto del regno animale. La scoperta che gli animali mentono - per esempio i gracchi alpini e corallini, ma Lorenz mi ha parlato anche di altri animali - e quindi sono capaci di astrazione ha fatto cadere perfino il dogma che solo l’uomo avesse la facoltà di riflettere in abstracto.
La filosofia occidentale è troppo impregnata di teologia. Lo riconosceva perfino Nietzsche, che pure parlava e predicava come un prete capovolto. Il male è già all’inizio: “Crescete e moltiplicatevi, e popolate la terra, ed assoggettatevela, e signoreggiate i pesci del mare e i volatili del cielo, e tutti gli animali che si muovono sulla terra.” Signoreggiate, cioè opprimete, tormentate e uccidete tutti gli altri esseri viventi: parla così, un Dio? E non poteva anche risparmiarsi queste parole, dopo aver creato un essere malvagio come l’uomo? Lorenz, sia pure dopo una disamina di carattere storico, definisce “satanico” un simile comandamento.
Quale penoso contrasto con le sublimi parole che Buddha rivolse al suo cavallo quando lo lasciò libero: “Và! Anche tu, un giorno, sei destinato al nirvana”.
Questo episodio faceva tremare di commozione Schopenhauer e Wagner, ma non impressiona minimamente la corteccia cerebrale dei nostri filosofi-teologi. A loro è più congeniale Cartesio, che considerava gli animali delle semplici macchine.
Vicino a Lorenz si respira meglio sia scientificamente che moralmente. Proprio perché ha scandagliato come nessun altro la vita interiore degli animali, sa anche quale responsabilità morale questo comporti… (Anacleto Verrecchia, La Stampa, 8 settembre 1986)





Questo articolo è parte di un articolo più lungo di Guido Dalla Casa che è stato diviso in 5 parti. Per leggerlo interamente, segui il percorso da "Animali fratelli 1"  ad "Animali fratelli 5", nella stessa rubrica.
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