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Animali fratelli 4.
Focus sull'evoluzione dei sistemi
Le ricerche sulla mente, sul comportamento e sull'apprendimento di altri esseri senzienti non umani stanno ponendo la basi per un diverso punto di vista sull'evoluzione che supera la visione antropocentrica.
Quando si esaminano le affinità fra umani e altri animali, di solito ci si limita a parlare di esseri senzienti a noi molto simili ma tuttora viventi. Se consideriamo anche esseri del passato (Homo habilis, uomo di Neanderthal, ecc.), le assurdità della concezioni correnti diventano ancora più evidenti.
Esseri come gli Australopiteci o l’Homo erectus si sono estinti da poche centinaia di migliaia di anni, tempo insignificante nella scala complessiva della Vita. Il fatto che questi ominidi siano scomparsi è del tutto contingente. Se fossero viventi, la nostra cultura, a seconda del parere di qualche istituzione, prenderebbe uno dei seguenti atteggiamenti:
- considerare la caccia a questi esseri come uno sport;
- chiudere gli ominidi nelle gabbie degli zoo;
- ripristinare la schiavitù;
- considerare l’uccisione di un ominide come omicidio volontario punibile magari con l’ergastolo.

Ma anche se ci limitiamo alle specie ora viventi, si può notare che:
Più aumentano le nostre conoscenze sul comportamento dei Primati, più diminuiscono le differenze fra primati umani e non umani. Ad esempio, oggi sappiamo che la differenza di informazione genetica fra la nostra specie e lo scimpanzé bonobo è dell’ordine dell’uno per cento.

L’idea di uomo, nel pensiero dell’Occidente, è costruita in contrapposizione all’idea di animale: umanità e animalità vi appaiono come termini antitetici, sia nella concezione biblica che nell’idea scientifica di derivazione baconiana. Ma si tratta di una contrapposizione largamente mitica e scientificamente insostenibile.

Anche il linguaggio abituale è improprio, perché l’uomo è un animale.

Il bonobo, o Pan paniscus, dovrebbe chiamarsi Homo paniscus: le differenze con l’Homo sapiens sono minime. Dobbiamo liberarci da quell’antropocentrismo che caratterizza la nostra cultura ed è una delle cause “a monte” che hanno provocato la spaventosa situazione ecologica del Pianeta.
Sembra che il governo spagnolo abbia dichiarato che le Grandi Scimmie “possiedono facoltà mentali e una vita emozionale sufficienti per giustificare la loro inclusione nella comunità degli eguali”. Neppure il mondo scientifico, che sa da tempo che la differenza fra uomo e scimpanzè è minima, si è mai dato molto da fare su questo piano.

Gli altri animali soffrono, amano, sono coscienti. Qual è la facoltà che consente di attribuire dei “diritti soggettivi”? Se fosse qualche forma di coscienza o consapevolezza, non si capisce con quale logica si riconoscono diritti alle persone in coma o agli embrioni umani e non si considera degno di considerazioni morali soggettive un essere consapevole e senziente come un orango o un delfino.
E’ ormai evidente poi che la storiella che veniva raccontata ai bambini una cinquantina di anni fa, che cioè la nostra specie “ha l’intelligenza” mentre gli animali hanno soltanto “l’istinto” è qualcosa che fa sorridere, anche alla luce di studi recenti sulle emozioni, i sentimenti, il comportamento e la struttura delle società di tanti esseri viventi.

Studi recenti Gli animali sono più intelligenti di quanto crediate. I brani che seguono sono riportati dall’articolo “Minds of their Own – Animals are smarter than you think” (La loro mente – Gli animali sono più intelligenti di quanto crediate) di Virginia Morell, pubblicato sul numero di marzo 2008 del National Geographic, sulla cui copertina l’articolo è annunciato con il titolo “Inside Animal Minds” (Nella mente animale). Alcuni pezzi sono riportati dalle didascalie delle foto dello stesso articolo, curate da Jennifer S. Holland.
L’articolo è una sintesi dei risultati di trent’anni di studi sulla mente, sul comportamento e sulle capacità di apprendimento di molti esseri senzienti non-umani da parte di Irene Pepperberg ed altri scienziati. La Pepperberg iniziò il suo progetto nel 1977: si portò in laboratorio un pappagallo africano di nome Alex con l’intento di insegnargli la lingua inglese.

“Quando la Pepperberg cominciò a dialogare con Alex, che è morto a 31 anni lo scorso settembre, erano molti gli scienziati che credevano che gli animali non fossero in grado di pensare. Gli animali erano macchine, robot, programmati per reagire in modo elementare a stimoli esterni, ma non erano in grado di pensare né di provare emozioni”.

Ancora trent’anni fa, dopo quasi due secoli che conoscevamo l’Unità della Vita e sapevamo qual’è la posizione della nostra specie nel mondo naturale, erano diffuse idee simili! Ma leggiamo qualche brano dell’articolo:

“Alex contava, riconosceva colori, forme e dimensioni, aveva un’elementare nozione del concetto di zero”.
“Per Alex le mele hanno un sapore simile alle banane, ma somigliano alle ciliegie; così si è inventato questo nome: ci-nana”.

“Gli scimpanzè, i bonobo e i gorilla sono capaci di apprendere il linguaggio dei segni e di utilizzare simboli per comunicare con noi. Il bonobo Kanzi porta con sé una lavagna piena di simboli che gli permette di “parlare” ai ricercatori, e ha inventato, per esprimersi, nuove combinazioni simboliche”.

“Azy (un orango) ha una ricca vita interiore. Cognitivamente gli oranghi sono sullo stesso piano delle scimmie africane, e in certi compiti le superano. Oltre a comunicare i suoi pensieri con i simboli di una tastiera, Azy mostra anche una “teoria della mente” (cioè comprende il punto di vista di un altro), e fa scelte logiche che dimostrano una notevole flessibilità mentale”.

“Le pecore, come i primati, sanno riconoscere facce diverse (circa 50 pecore e 10 umani) e le ricordano per due anni”.

“Oggi un ampio numero di studi indica che l’intelligenza è una dote flessibile, e le sue radici nel mondo animale sono estese e profonde”.

“Non siamo i soli a saper inventare, a pianificare le nostre azioni, ad avere un’immagine di noi stessi; e neppure i soli a mentire e ingannare”.

“L’intelligenza è un albero dalle mille ramificazioni: non ha un tronco unico che punta solo nella nostra direzione”.

“Dotati di un grosso cervello e agili tentacoli, i polpi sanno bloccare le loro tane con delle rocce, e si divertono sparando acqua a bersagli come bottiglie di plastica o ai ricercatori”.

“Kanzi, un bonobo, da piccolo ha imparato a comunicare spontaneamente osservando gli scienziati che addestravano sua madre. A 27 anni, questo bonobo “parla” grazie a più di 360 simboli di tastiera, e capisce il significato di migliaia di parole dette a voce. Kanzi sa formulare delle frasi, eseguire nuove istruzioni, e fabbricare strumenti di pietra, cambiando tecnica a seconda della durezza del materiale. Crea strumenti come quelli dei primi umani”.

“Le ghiandaie sanno ragionare: sapendo di essere ladre, spostano le provviste di cibo se un’altra ghiandaia le osserva; pianificano i pasti futuri, e nel fare provviste tengono conto dei bisogni futuri piuttosto che della fame del momento”.

“I delfini hanno ottima memoria, estro creativo e capacità linguistiche; sono versatili, sia dal punto di vista cognitivo che comportamentale. Hanno un grande cervello generalista, proprio come noi. Modificano il proprio mondo per rendere possibili nuove cose”.


Diventa evidente che, se si ragiona sulle medie, il più intelligente dei bonobo ha (o è) più mente-psiche-spirito del meno dotato degli umani.





Questo articolo è parte di un articolo più lungo di Guido Dalla Casa che è stato diviso in 5 parti. Per leggerlo interamente, segui il percorso da "Animali fratelli 1"  ad "Animali fratelli 5", nella stessa rubrica.
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