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Creatività in puerperio: alla riscoperta delle radici della socialità
L’incontro con le forze naturali della procreazione può portare entrambi i genitori verso una nuova consapevolezza, quella di essere Umani, cioè inclini per natura all’aggregazione e all'impegno per costruire insieme un ambiente sociale per i nuovi bambini.
“La creatività è la capacità di dare una lettura nuova alla realtà, oltrepassando i limiti dei condizionamenti ricevuti, scoprendo nuovi modi di affrontare vecchi problemi, inventando nuove forme, rinnovando rituali, procedure, strumenti di lavoro, stili di vita. Si rivela, così, come la capacità di trasformare da potenza in atto progetti, idee, aspirazioni e sogni. Quando viene sviluppata rende le persone più soddisfatte, più sicure di sé e, soprattutto, consapevoli di un'altra qualità ancor più pericolosa per lo status quo: la libertà”. (Marcella Danon)

La creatività, lo abbiamo sostenuto più volte e in molte occasioni, è un’attitudine capace di irrompere nella vita di una nuova madre quando la sua esperienza di nascita è positiva. Un’esperienza di nascita positiva è certamente quella che “produce” un bambino vivo e sano, ma è anche un’esperienza di nascita vissuta nella consapevolezza e nell’autoaffermazione: quando la donna riesce a vivere il percorso di gravidanza e parto riuscendo a rispettare le proprie priorità, avendo partorito con le proprie forze, nel rispetto dei propri tempi e bisogni, della propria libertà di scelta. In questo modo il parto è un evento che permette di varcare la soglia che conduce nella sfera misteriosa e selvaggia della natura, di comprenderne le leggi antiche, di farsi strumento col proprio corpo, col proprio essere, dell’inarrestabile spinta creatrice. L’esperienza di entrare totalmente in questo flusso vitale, fa della donna una sacerdotessa e custode della Natura e le offre in cambio un senso di radicamento e di appartenenza alla stirpe infinita di tutte quelle donne che prima di lei hanno adempiuto al compito di rinnovare la vita. L’energia nuova che questo senso di appartenenza e di continuità le porta, è necessaria a fare il passo successivo di sostenere la crescita del suo bambino, seme di future vite… e così via.
Ma c’è un delicato passaggio nel puerperio, in cui tutte quelle presenze antiche di donne che hanno sostenuto la nuova madre nell’apertura del dare alla luce, sembrano dissolversi. Il desiderio e il bisogno di condividere la gioia per la nuova creatura e le preoccupazioni per il suo accudimento, non trova riscontro in un mondo di gente divisa, dove ognuno percorre la sua pista come pilotato da forze insensibili, dove non si ha tempo per stare, per ascoltare, per dare presenza e calore, dove non si sa più festeggiare fermando il tempo, dove l’indomani tutto deve già ritornare al ritmo di prima, il padre al lavoro e la nuova madre stessa ha i giorni contati accanto al neonato. L’ansia e la solitudine che tutto questo produce può essere pericoloso per la nuova vita, quanto in epoche remote la furia degli elementi o la ferocia dei predatori.
Può capitare però che la donna non si lasci sopraffare da questo senso di vuoto, o che abbia la fortuna di un marito che non riesce a staccarsi da lei, di una mamma disponibile, di un’amica fidata, di una sorella, o di un’ostetrica molto presente. Basta poco perché la forza positiva scambiata nel parto sia recuperata, perché la creatività la trasformi in un potente motore di cambiamento sociale. Quello che ne consegue è un altro passaggio naturale: seguire l’istinto di aggregazione, andando a cercare altre madri, altri padri, con cui costruire insieme un ambiente sociale per i nuovi bambini. Capita spesso che i neonati conoscano fin dai primi mesi di vita altri neonati, che saranno poi gli amici dell’infanzia e dell’adolescenza: perché i loro genitori si sono riuniti per pensare a una formula di asilo che li soddisfi, per costituire un GAS* o coltivare un orto sociale, o addirittura per cercare un posto dove vivere in gruppo tirando su i bambini assieme coltivandosi intanto il proprio cibo, e magari creare un “asilo nel bosco”, o darsi gli strumenti per gestire l’istruzione familiare.
Su queste istanze già molte comunità ed ecovillaggi sono nati in Italia, o sono in costruzione: genitori a cui l’incontro con le forze naturali della procreazione hanno dato una nuova consapevolezza, quella di essere Umani, cioè inclini per natura all’aggregazione.
Condividere con altri genitori le responsabilità della crescita e dell’educazione dei propri figli e sentire, come adulti, la responsabilità della crescita e dell’educazione dei figli degli altri, è un messaggio forte che ci viene dalle nuove comunità e aggregazioni, sia stabili che occasionali. E’ un sentimento che va oltre l’utilità contingente di non sentirsi soli, di avere una vita meno dura; è un passaggio che ci riconnette alle nostre origini più antiche, alle epoche delle società avunculari, quando proprio la consapevolezza dell’interdipendenza reciproca, del bisogno di riconoscersi nel gruppo e di condividere profondamente la crescita dei figli, al di là delle discendenze e dei legami del sangue, ha forse costituito il fattore più potente per la sopravvivenza della specie umana. Un sentimento che nell’ottica di oggi potrebbe far svoltare in senso positivo istituzioni sociali come la famiglia e la scuola, invertendo quella tendenza al deterioramento verso cui sembrano velocemente scivolare. E soprattutto un sentimento che, riannodando i fili del tessuto sociale, porta inevitabilmente a riannodare i fili della nostra relazione più profonda con la madre Terra. Nel momento in cui, un’esperienza positiva della genitorialità ci fa sentire umani nel senso più ampio del termine, inevitabilmente il ritrovato rispetto reciproco si allarga verso una relazione più rispettosa nei confronti del nostro habitat e scopriamo che siamo parte, figli, e non padroni della Natura.
Dal movimento dell’Ecopsicologia, che opera un’affascinante sintesi fra la psicologia umanistica e transpersonale (Maslow, Bateson…) e l’ecologia profonda (Lovelock, Laslo, Goldsmith…), ci giungono indicazioni illuminanti sul bisogno di recuperare un senso di appartenenza alla madre Terra e di ricostituire fra noi e con gli altri esseri viventi nostri fratelli, quelle reti di relazioni capaci di restituire un senso al nostro essere Umani, di prepararci a una “cittadinanza terrestre”.
Come dice Marcella Danon**, esponente di punta del movimento ecopsicologico in Italia, “la psicologia, che lavora a stretto contatto con il disagio, con la ricerca di identità, con i problemi di relazione e di motivazione, si è già accorta che, di questi tempi, molto del malessere sentito e manifestato non ha più soltanto a che fare con problematiche intrapsichiche e relazionali. In modo diretto o indiretto il malessere diffuso a livello sociale, politico e ambientale, si ripercuote anche sul piano individuale… Il presupposto su cui è nata l'ecopsicologia è proprio quello che non possiamo essere studiati, compresi e neppure curati separatamente dal mondo di cui facciamo parte. Ma questo non più perché siamo sottoposti alla costante e implacabile influenza dell'ambiente, come la psicologia occidentale aveva già dimostrato nella prima metà del secolo scorso, ma per una ragione che trova più sintonia con la psicologia transpersonale che con il behaviorismo: perché noi siamo anche l'ambiente che ci circonda, perché la nostra identità è ben più vasta dei limiti del nostro corpo fisico, perché il nostro destino è indissolubilmente legato a quello del pianeta Terra.”
Ancora una volta nella Nascita possiamo individuare quel seme di creatività personale e sociale capace di restituirci la speranza nel futuro, che da sempre i nuovi nati incarnano; ancora una volta, proteggere nella Nascita quel seme è obiettivo prioritario di un buon accompagnamento alla gravidanza, al parto e al puerperio; nella consapevolezza che ogni piccola azione positiva, ogni buona pratica messa in atto qui e ora pur nella limitatezza del singolo agire quotidiano, può avere ripercussioni tali da coinvolgere in senso benefico l’intera società, il Pianeta intero. Questa visione del potere buono che ognuno di noi può esercitare efficacemente nel suo piccolo per una rinascita collettiva, è un altro messaggio importante che ci viene dall’Ecopsicologia, come dalle altre discipline che il pensiero olistico sta elaborando. Strumenti culturali e di azione che incarnano il progresso vero e ci fanno ancora una volta sentire che, per quanto riguarda il nostro campo di intervento, “guarire la nascita per guarire il Pianeta” è un’utopia realizzabile.

*Gruppo di Acquisto Solidale
** Marcella Danon è psicologa, trainer counselor e giornalista. Impegnata nella diffusione e formazione dell’Ecopsicologia in Italia. Fra i suoi più importanti contributi: Counseling, red edizioni e Ecopsicologia, crescita personale e coscienza ambientale, Apogeo


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